La Ada Merini di Antonio Nobili al Vertigo interpretata da Antonella Petrone
1 Marzo 2020
(Donatella Nesti) Livorno, 1 marzo 2020 – Quando il ministro berlusconiano Tremonti disse “con la cultura non si mangia” piovvero giustificate critiche a non finire ed oggi, con il corona virus, vediamo il danno economico che l’emergenza ha causato ai nostri musei, ai siti archeologici, alle città d’arte, ai teatri, alle sale cinematografiche. Ben vengano dunque, in un periodo di spettacoli rinviati ed uscite nei cinema annullate, le iniziative dei piccoli teatri che continuano a rimanere aperti con una specie di “resistenza” secondo lo slogan “cultura contro paura”.
A Livorno è da encomiare il teatro Vertigo diretto da Marco Conte, del tutto privato, che si sostiene con il pubblico pagante e con un manipolo di “temerari” che nel fine settimana ha replicato tre volte lo spettacolo “Dio arriverà all’alba” dedicato all’indimenticabile, passionale, anticonformista ed imprevedibile Alda Merini , come titola il Corriere della Sera nel riproporre le sue opere.
Precocissima (esordì a soli quindici anni, sotto la guida di Giacinto Spagnoletti), notata fin dagli esordi da grandi autori come Giorgio Manganelli (che fu uno degli amori passionali della giovinezza) ed Eugenio Montalee poi, dopo decenni di oblio dovuto ai ricoveri ospedalieri, riportata agli onori della critica e all’attenzione del pubblico negli anni Ottanta da due grandi autori e critici, Maria Corti e Giovanni Raboni ed anche dalle apparizioni al Maurizio Costanzo show . Alda Merini non si è lasciata fermare neanche dagli orrori della detenzione manicomiale, continuando a scrivere e a vivere e a offrirsi generosa.
Lo spettacolo proposto al teatro Vertigo, scritto e diretto da Antonio Nobili, nasce con l’intento di celebrare la poetessa milanese nel decennale della sua scomparsa, caduto nel novembre 2019.
La Merini ricrea nel suo angusto e caotico appartamento il più bizzarro dei salotti intellettuali. Sul pavimento mozziconi di sigarette, fogli sparsi, appunti, tanti appunti e numeri di telefono scritti col rossetto, pile di libri ovunque che compongono una precaria e poeticissima installazione concettuale. Una telefonata anticipa un incontro. Da un capo del telefono un professore universitario chiama la sua vecchia e stimata amica Alda Merini chiedendole la cortesia di seguire un giovanotto molto talentuoso che sta svolgendo da parte sua delle ricerche su alcune dinamiche della poesia contemporanea. Inizialmente riluttante, la Merini accetta di buon grado la richiesta dell’amico accogliendo il suo assistente a casa in diverse occasioni. Dal primo incontro, inesorabili come le cadute al domino, uno dopo l’altro si seguiranno momenti, sensazioni e stati d’animo che porteranno i due a trovarsi su quel confine spesso raccontato, in quanto realmente vissuto, dalla Merini nelle storie poetiche dei suoi giovani amanti: è l’urgenza di sentirsi nei confronti del mondo come il buio che porta la luce.
Alda Merini viene mostrata al pubblico nel suo più sincero quotidiano, fatto di contraddizioni e dolori, ma anche di gioco, ironia e faticosa ma imprescindibile libertà. Alda Merini, interpretata da una bravissima Antonella Petrone, rivive sul palco in veste inedita, tra un sorso di coca cola e caffè, mescolati al fumo della sigaretta, Alda scopre l’ennesimo volo della fantasia grazie a Paolo, interpretato da Valerio Villa, un giovane studente di lettere interessato alla sua poetica.
A far da pubblico inconsapevole dei loro incontri letterari, la governante Anna (Virginia Menendez), il fidato dottore Gandini ( Alberto Albertino), l’amico di sempre Arnoldo Mondadori (Daniel De Rossi) e la misteriosa figura della bambina (Sharon Orlandini). Alda si scopre così, baciata dalla poesia di Antonio Nobili, una creatura divinamente umana. Molti applausi ed emozioni da parte di un pubblico attento e partecipe.
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