Dopo diciannove anni arrestati il presunto omicida di Chimenti ed i suoi complici
13 Settembre 2021
Livorno, 13 settembre 2021 – Dopo 19 anni sono stati arrestati il presunto esecutore, un complice e l’uomo che avrebbe fornito la pistola per l’omicidio di Alfredo Chimenti, 47 anni, livornese, ucciso a Livorno il 30 giugno 2002 davanti alla sua abitazione di piazza Mazzini.
Secondo gli inquirenti fu un agguato il cui movente sarebbe individuabile nei contrasti, sorti all’epoca del fatto, nel mondo delle bische e del gioco d’azzardo clandestino.
I tre arresti sono avvenuti nell’ambito di un’operazione, denominata La Garuffa dal nome del circolo di cui Chimenti faceva parte, condotta da Carabinieri e Guardia di Finanza di Livorno e coordinata dalla Procura livornese, che ha portato in totale a undici misure cautelari eseguite tra Livorno e Pisa: i reati contestati, a vario titolo, sono omicidio premeditato, associazione per delinquere, usura aggravata, estorsione aggravata e porto abusivo di armi da sparo.
Chimenti, come riporta l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari, era diventato un soggetto non gradito alla “batteria” per i suoi comportamenti “prepotenti ed ostativi” nei confronti del gruppo criminale, come ad esempio il “no” all’assunzione al circolo La Garuffa di una persona vicina alla stessa “batteria”. Non solo, secondo le risultanze investigative, con i suoi comportamenti dimostrava di non aver timore dei rivali finendo per eroderne il prestigio criminale. Da qui la decisione di “levarlo di mezzo”.
Secondo quanto rivela l’agenzia Ansa, le ulteriori indagini, che la Procura di Livorno ha riattivato proseguendo l’attività della Dda di Firenze, condotte dai Carabinieri con il determinante contributo del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Pisa, hanno portato alla luce anche l’attività di un’associazione per delinquere, che operava da tempo nel capoluogo, finalizzata all’usura ai danni di persone in difficoltà economiche, e estorsioni nei confronti di esercenti attività commerciali.
Definito “originale” dagli stessi inquirenti il sistema che avrebbero utilizzato per l’usura: il “contratto” prevedeva che le vittime acquistassero dall’usuraio oggetti in oro a un prezzo notevolmente più alto dell’effettivo valore, circa il doppio ed a volte anche il triplo, rivendendoli al loro prezzo corrente a negozi di compro-oro compiacenti.
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