Sulla via di Santiago de Compostela: il diario del regista-pellegrino
16 Giugno 2017
(Beppe Ranucci) Livorno, 16 giugno – Sulla via di Santiago de Compostela.
Prima tappa. Lunedì, 24 Aprile. Sarria-Portmarin, km.23,5.
Eccoci. Si parte. Ci carichiamo lo zaino sulle spalle e via. Sono le 7 e 30 quando lasciamo l’albergo. Il giorno sta sorgendo, ma fa freddo. Dopo una veloce colazione, cominciamo il nostro cammino. Sono emozionato ed anche euforico, perché sto iniziando il cammino che avevo sognato per anni. Ed ecco i primi segnali: una freccia gialla ed una conchiglia, orientati verso la strada che si deve seguire per arrivare a Santiago. Per tutto il tragitto saranno i nostri compagni fedeli e nei momenti di incertezza sulla strada da seguire, li cercheremo come il viaggiatore cerca un oasi nel deserto. E non ci tradiranno mai, perché li troveremo sempre. Quindi la strada per arrivare a Santiago è ben segnalata ed è difficile che il pellegrino possa sbagliare.
Facciamo una discreta salita per uscire dalla cittadina di Sarria e già incontriamo altri pellegrini sulla strada. Due giovani vanno molto più veloci di noi e ci sorpassano, non senza averci augurato “Buen camino”. D’ora in poi quando incontreremo altri pellegrini ci saluteranno sempre con un “Ola” ed un “Buen camino”. Naturalmente anch’io e Francesca ci siamo adeguati e d’ora in poi faremo altrettanto. Dopo aver attraversato una ferrovia ci immergiamo in un bosco molto fitto, dove i raggi del sole che sta sorgendo , a mala pena riescono a penetrare. Se non incontrassimo ogni tanto altri viaggiatori, ci sarebbe da aver paura. Incrociamo un gruppo di tedeschi che rompono il silenzio con un continuo parlottare e tante risate. Sono equipaggiati secondo la norma: scarpe da trekking ( alcuni hanno addirittura dei sandali con le calze !), uno zaino voluminoso sui cui balletta in bella vista una conchiglia, e le bacchette o un bastone (il bordone). Acceleriamo il passo, poiché preferiamo attraversare il bosco in silenzio. Dopo il bosco, passiamo su un vecchio ponticello e percorriamo dei sentieri molto caratteristici, disegnati da muri bassi in pietra di calcare. Proprio sopra questo ponticello incrociamo un pellegrino solitario, equipaggiato di tutto punto che ci dà il suo “Buon camino” e poi prosegue veloce, immerso nei suoi pensieri.
Ora vediamo delle casette basse sicuramente antichissime , costruite sempre con lo stesso tipo di pietra. Ci stiamo immergendo nel Medio Evo! Ma ecco dei pellegrini che si fanno dei selfie ….ed ecco rotto l’incantesimo. I punti per rifocillarsi si trovano ogni due o tre KM. Anche noi , dopo aver percorso circa 5 Km ci riposiamo un attimo. Ci sono tanti altri pellegrini: ancora tedeschi, spagnoli , francesi , cinesi e giapponesi. Scambiamo due parole con un gruppo di italiani che vengono da Milano e che hanno cominciato il cammino da Saint Jean Pied de Port, quindi venti giorni prima. Comincia a far caldo. Attraversiamo una campagna molto ben curata con numerose stradine e sentieri. Comunque ad ogni bivio c’è l’amica freccia gialla che ci soccorre. Spesso le stradine sono fiancheggiate da immensi prati dove pascolano mucche e pecore. Siamo a sette Km da Portmarin e la stanchezza comincia a farsi sentire: i polpacci cominciano a far male, quindi ben volentieri ci fermiamo ad un posto di ristoro improvvisato dove dei volontari ci offrono frutta, biscotti ed acqua.
Ci fanno anche un timbro sulla Carta del Pellegrino. Dobbiamo ricordarci ad ogni località che attraversiamo di farci fare un timbro, per dimostrare alla fine che abbiamo fatto la camminata. Riprendiamo il cammino. Vicino alla località di Ferreiros , notiamo un cippo, coperto di scarpe, di pietre e di altri piccoli oggetti: questo cippo indica che mancano 100 Km a Santiago. Per noi che abbiamo cominciato solo oggi, questa indicazione non fa un grande effetto, ma per coloro che hanno iniziato il cammino 700 Km fa, rappresenta una spinta in più per affrontare le ultime fatiche e raggiungere finalmente Santiago. Su una stretta stradina di campagna incontriamo uno strano vecchio con una bimba sulla carrozzina ed un cane. Ci chiede di farci una foto tutti insieme. L’accontentiamo. Ecco un fiume. E’ il rio Migno sulla cui riva opposta sorge Portmarin. Stiamo finalmente arrivando, ma non è ancora finita. Attraversiamo un ponte lunghissimo che scavalca il fiume e poi dobbiamo salire ( per non farci mancare nulla) una scala molto ripida che consuma le nostre ultime energie. Finalmente arrivati. Come prima giornata, niente male. Velocemente in albergo molto economico. Abbiamo scartato gli “alberghe” del pellegrino, perché sono già abbastanza affollati e poi sono camerate con una decina di letti e bagni in comune.
All’albergo facciamo una bella doccia , ricordando il consiglio di dare sollievo ai piedi con un lungo getto di acqua fredda. Dopo un brevissimo riposo, diamo un occhiata alla cittadina. Portmarin era un importante centro medioevale ed è interessante la sua storia. Intorno agli anni ’50, a seguito di grandi lavori per la costruzione di una diga, i resti dell’antica città , che sorgeva sulle rive del fiume Mino, vennero sommersi dall’acqua ed abbiamo potuto vedere alcuni ruderi spuntare dall’acqua. (Mi ha ricordato Vagli di Lucca). La nuova città è stata ricostruita negli anni 60’ nella attuale posizione sopraelevata e gli antichi monumenti sono stati trasportati e rimontati pezzo per pezzo. ( Mi ha ricordato la Chiesa della Spina di Pisa che venne smontata pezzo per pezzo durante l’ultima guerra e poi rimontata a conflitto finito).
Molto caratteristica nella piazza principale è la Chiesa/ fortezza di San Nicolas (stile romanico) che ha appunto la facciata simile ad una fortezza. Facciamo delle foto. E siamo accanto a dei giapponesi che in inglese abbastanza corretto ci dicono che dall’inizio del cammino ne hanno scattate già oltre mille. Prima il pellegrino, raccontava ciò che aveva visto, affidandosi al filo della memoria, oggi i ricordi vengono assegnati alle immagini, anche se le immagini non possono restituire le emozioni e le impressioni provate. Incontriamo nella piazza un gruppo di milanesi che hanno cominciato il cammino dalla regione aragonese circa 25 giorni fa e ci raccontano che la traversata dei Pirenei è particolarmente affascinante, anche se molto faticosa e non sempre ben segnalata. Fa ancora molto caldo e consumiamo una frugale cena in un accogliente locale all’aperto. Verso le 22 torniamo all’albergo, dove troviamo altri pellegrini. Sono dei giovani ragazzi spagnoli, molto rumorosi ma simpatici. Ci assicurano che andranno a letto presto, perché l’indomani si leveranno all’alba. Speriamo bene, perché francamente una bella dormita nel silenzio più completo, sarebbe ben gradita. Eppure un dolce suono di chitarra che arriva da fuori, ci accarezza l’orecchio fino a notte tarda e ci fa da ninna nanna. Buonanotte.
Domani, seconda tappa da Portmarin a Palas de Rei, 25 Km.
“ Comincia il pianto /della chitarra.
Si rompono le coppe /del primo mattino.
Comincia il pianto /della chitarra.
E’ inutile/ zittirla. /E’ impossibile/zittirla” (Garcia Lorca) (1 – continua)
Beppe Ranucci è regista e scrittore
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