Giovanna Talà, le sue foto ritratti dell’anima
3 Settembre 2016
Livorno 3 settembre. Si è ancora in tempo a gustare i coinvolgenti “click” esposti nella mostra “Fotosensibile-Città e Teatro nella fotografia di Giovanna Talà” allestita all’interno della Villa Trossi ( Ardenza, via Ravizza, 76 ) che resterà aperta fino al 4 settembre prossimo e che ha affascinato numerosissimi visitatori. Inaugurata da Lindsay Kemp, certamente ha costituito uno degli eventi più importanti sotto il profilo storico ed artistico di questa estate, con le sue varie e diverse testimonianze della Livorno degli anni Cinquanta, quando Giovanna, ancora giovanissima e attirata dalla scoperta, dal bello, dalla luce, dalla storia, dal mare e dai teatri, ha camminato per le strade in cerca del “suo ” soggetto, che era e restava soltanto suo, carico dell’affezione con cui la fotografa lo ritraeva. Alle sue prime armi, Giovanna sapeva bene quello che voleva da una foto: mai cartolina, solo scenario vivo e parlante! Ce ne ha parlato la figlia, l’architetto Paola Talà, che insieme con la sorella Enrica, direttrice didattica, ha allestito la mostra scegliendo dall’immenso archivio di Giovanna le foto più significative per creare dei percorsi di osservazione : ” Le foto scattate alla città, se ancora legate alla pittura, in cui si era formata presso l’Accademia di Belle Arti a Firenze, non sono mai risultate “ingessate e di maniera”, anzi, per cogliere meglio lo spirito dei soggetti, si è specializzata in Educazione all’Immagine presso l’Università di Padova col prof. Petter e con Gianni Rodari. Quindi nel 1981, con la Specializzazione in Psicologia dello Sport, ha potuto conoscere l’importanza della psicomotricità quale componente del teatro e della danza. A questo punto Giovanna si volge alla sua grande passione, il teatro e le sua foto si evolve definitivamente verso la conquista di nuovi orizzonti”.
E qui incomincia un altro percorso: la suggestione del palco, della figura colta in movimento, dell’ammicco, dell’ironia, del fascino, del volo verso l’alto, ma anche dello sberleffo e dell’umorismo: Gigi Proietti, Lucia Poli, Piera Degli Esposti, i Momix, la sinuosità del corpo umano, la bellezza dei fasci muscolari dei ballerini e i loro veli, la plasticità di Daniel Ezralow, la versatilità di Micha Van Hoeke, ed ancora Marzia Falcon, Marcel Marceau, Carla Fracci, Lindsay Kemp. In bianco e nero o colorate, le foto non sono mai scatti senza storia, quasi Giovanna non avesse da immortalare quel personaggio per mostrarlo, ma fosse invece interessata al suo spirito, alla sua personalità, al gioco che la luce proietta sul palco, al trasformarsi della materia finita e circoscritta di un corpo che si trasfigura nel volo e nell’infinito espandersi dei veli. E qui Lindsay Kemp ha avuto il suo posto privilegiato: geniale mimo, ballerino, coreografo, regista e attore, ha tessuto un rapporto di amicizia e di stima, ma soprattutto di empatia intellettuale e artistica con l’altrettanto creativa, bizzarra, vitale e generosa Talà, che gli ha dedicato un libro in cui raccoglie le foto scattategli negli anni “Sogni di luce. Il senso dell’immagine nel teatro di Lindsay Kemp”, alcune delle quali, esposte nella mostra, costituiscono l’apoteosi del colore, della danza e del movimento.
Ancora in cerca di nuovi orizzonti, dal palco al teatro d’opera il passo è breve e, per chi l’ha conosciuta ed ha conosciuto il suo mondo, la sua casa, ricca di oggetti d’arte, di quadri, tra i quali il pianoforte aveva un posto d’onore, la passione per il melodramma appare uno sbocco naturale. Giovanna conosceva ed apprezzava la musica, altra grande componente impalpabile del movimento, del moto dell’animo. Quando nel 1990 il Cel (presidente Marco Bertini e direttore artistico Alberto Paloscia) si dedicò alla riscoperta di Pietro Mascagni, lasciato nell’ombra per tanto tempo dopo la sua morte, Giovanna colse al volo l’importanza del momento e si appassionò al personaggio, del quale seguì tutti gli allestimenti promossi dal teatro. Appostata in un palchetto, o dietro una balaustra, stava per ore ad ascoltare la musica, a studiare la voce e le movenze di un cantante finché non era “suo”: allora e solo allora scattava il click, un click che ti faceva intuire l’acuto o il fraseggio, che ti faceva carpire il respiro. A Villa Trossi rivediamo e riviviamo tante scene già apprezzate e gustate delle opere di Pietro Mascagni e gli interpreti che hanno calcato le scene della Gran Guardia e successivamente del Goldoni: Denia Gavazzeni Mazzolla, Fiorenza Cedolins, Dimitra Theodossiou, per dirne alcuni. Ogni personaggio è stato ritratto col calore umano e con l’ affettività di cui solo Giovanna era capace, complice di quell’arte che lei stessa condivideva col soggetto.