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28 Dicembre 2024

Consegnata al nipote Marco la Livornina d’oro in memoria di Carlo Coccioli


(Gloria Benini) Livorno, 22 marzo 2019 – La Livornina d’oro, la massima onorificenza della città di Livorno, è stata conferita alla memoria di Carlo Coccioli, lo “scrittore assente”, con una bella e partecipata cerimonia che si è svolta oggi, venerdì 22 marzo, nella sala consiliare del Comune di Livorno.

A consegnare il premio nelle mani del nipote Marco Coccioli, erede culturale ed editore delle sue opere attraverso la casa editrice Piccolo Karma, è stato il sindaco di Livorno, Filippo Nogarin, che ha letto la motivazione: “Ad una persona straordinaria che dei valori di uguaglianza, libertà e democrazia, ha fatto pratica costante della sua vita”.

La Livornina, o Liburnina d’oro, viene assegnata dagli anni Cinquanta a personalità che l’Amministrazione comunale ritiene meritevoli di un supremo riconoscimento cittadino. La Liburnina era una moneta, il mezzo tallero, coniata dalla zecca del Granducato di Toscana nel 1683 in onore della città di Livorno. Nel 1981, dopo alcuni anni di interruzione, l’attribuzione della Livornina è stata ripresa con la particolarità che, all’occorrenza, essa premia anche enti od istituzioni, non solo persone, che si sono distinte per le loro azioni ed hanno incarnato lo spirito ed i valori della città.

Nel 1981, per inciso, il premio venne conferito all’allora presidente della Repubblica italiana, Sandro Pertini, che nel carcere dei Domenicani di Livorno era stato recluso, durante il Fascismo, per motivi politici. Negli anni, poi, il Comune ha premiato in via diretta o indiretta, tra gli altri, il poeta Giorgio Caproni, lo scrittore Riccardo Marchi, il prigioniero politico Nelson Mandela che in seguito è diventato il primo presidente nero del Sudafrica, il giornalista e politico Giovanni Spadolini, l’imprenditore Gaetano D’Alesio, il governatore della Banca d’Italia e poi presidente della Repubblica italiana Carlo Azeglio Ciampi, il presidente della Repubblica e magistrato Oscar Luigi Scalfaro, l’ex sindaco di Livorno e storico emerito Furio Diaz, il rabbino capo delle comunità ebraiche italiane Elio Toaff, il partigiano Garibaldo Benifei, il direttore dell’Archivio di Stato livornese Paolo Castignoli, lo scrittore e giornalista Aldo Santini, la partigiana Osmana Benetti, il medico pediatra e politico Luciano Vizzoni. Tra i premi alla memoria, invece, spiccano quelli conferiti al musicista Pietro Mascagni, al tenore Galliano Masini, all’eroe della guerra civile spagnola Ilio Barontini e all’attore Antonio De Curtis in arte Totò. Tra gli enti, le istituzioni ed i gruppi, infine, la città di Bat Yam in Israele, l’Anpi, i Parà della Folgore, la Compagnia Portuali, il circolo di scherma Fides e il Livorno calcio.

L’attribuzione della Livornina alla memoria di Coccioli è stata voluta, con forza, dall’assessore comunale alla Cultura, Francesco Belais, che assieme al sindaco Nogarin ha ricordato la figura dello scrittore, cui Livorno ha già intitolato, negli anni scorsi, una sala della biblioteca Labronica e una strada nella zona di Porta a Mare.

“Sono orgoglioso di rendere omaggio a un intellettuale, un partigiano, uno scrittore, un antifascista, ma soprattutto a un livornese estremamente coraggioso”, ha affermato il sindaco Nogarin.

L’assessore Belais lo ha definito un “gigante” e ha aggiunto: “Anche lui, come altri figli illustri di questa città, non è stato apprezzato in vita, è stato dimenticato, non solo a Livorno ma in Italia, da dove è dovuto fuggire perché si sentiva incompreso, emarginato, anche a causa della sua omosessualità”.

L’assessore Belais ha tra l’altro annunciato la volontà del Comune di Livorno di acquisire il fondo Coccioli, oggi a Città del Messico, che contiene la corrispondenza con personaggi importanti come ad esempio André Gide.

“Si tratta di un progetto importante che consentirebbe al sistema bibliotecario cittadino di mettere a disposizione di studiosi e cittadini tutte le carte, gli appunti e la gran parte dei libri che sono appartenuti a questo straordinario scrittore”, ha precisato l’assessore.

Significativo è stato l’intervento di Marco Coccioli, visibilmente emozionato, che ha tracciato un ricordo dello zio e della sua personalità.

“Sono nato a Firenze in una casa che fu anche di Carlo”, ha iniziato il nipote. “Lui era già volontariamente fuggito all’estero. Mio zio era troppo anticonformista, scandaloso anche per quella sua non nascosta omosessualità, che lo faceva risultare troppo scomodo per l’ambiente culturale italiano di allora. Carlo fuggì in Francia, poi dall’altra parte del mondo, in Sudamerica, quindi si stabilì Messico. Con i suoi romanzi, che avevano successo in Francia e nel mondo di lingua spagnola, raggiunse la notorietà, fino ad essere conosciuto, nonostante tutto, anche in Italia, dove ha anche tentato di tornare. Non sopportava però di essere escluso dall’ambiente letterario italiano. Amava Livorno ed amava il mare. Però è stato condannato a vivere quasi sempre lontano dal mare”.

Coccioli, nato a Livorno nel maggio 1920, seguì con la famiglia il padre, ufficiale in Libia, a Bengasi, dove trascorse l’adolescenza. In seguito tornò in Italia per studiare prima in Istria e poi a Firenze, dove abitò con la madre, fino a quando, richiamato alle armi, dopo l’armistizio, nel settembre del ’43 si unì alle formazioni partigiane che operavano sull’appennino tosco-emiliano. Catturato dai tedeschi, evase dalla prigione di Bologna, episodio che a guerra finita gli valse la medaglia d’argento al valor militare. In seguito ha viaggiato ed abitato in tutto il mondo, soprattutto in Messico. Ed a Città del Messico si è congedato dalla vita, serenamente, nell’agosto 2003.

Nonostante a Livorno, di fatto, abbia vissuto solo pochi anni, vi ha tuttavia vissuto gli anni dell’infanzia, quelli che lasciano il segno. Così Coccioli, nonostante la vita lo abbia portato in tutto il mondo, si è sempre sentito profondamente livornese ed attaccato alla città in cui vide la luce sugli scali Novi Lena, fino al punto di esserci tornato a vivere a metà degli anni Novanta, dopo che nel 1990 il Lions club Livorno, per iniziativa dei soci Enrico Galletta e Vincenzo Costa, gli aveva conferito il premio Lions.

Marco Coccioli, nella sua digressione, ha voluto ricordare anche Franco Ferrucci, che nel 2010, con la Erasmo, ripubblicò il libro “Documento 127”. La casa editrice Erasmo, alla cerimonia, era rappresentata dalla vedova di Ferrucci, Gigliola Cognetta, che oggi la guida. Inoltre il nipote ha voluto ringraziare anche la scrittrice Paola Ricci, che fu una delle persone che frequentarono la casa di Coccioli sugli scali delle Ancore negli anni Novanta e che adesso sta preparando un libro sullo scrittore.

Alcuni brani tratti dal romanzo “Fabrizio Lupo” sono stati letti da Rita Rabuzzi di Agedo Livorno e da Elisabetta Draghetti di Arcigay in rappresentanza del Tavolo Rainbow, mentre Gino Niccolai, presidente dell’Anpi, ha ricordato il Coccioli partigiano, medaglia d’argento, sottolineandone il coraggio.

Suggestiva, in conclusione, è stata la testimonianza del giornalista Marco Ceccarini, ideatore tra l’altro del nostro giornale on-line, che è stato uno dei pochi, tra coloro che erano presenti alla cerimonia, che ha conosciuto personalmente Coccioli, durante gli anni del suo ultimo soggiorno livornese. Ceccarini, nel giugno del ’94, fu colui che organizzò l’unica presentazione dell’autore ai propri concittadini nei locali della libreria Gaia Scienza di via della Madonna, grazie alla collaborazione di Ferrucci.

“Rimasi letteralmente colpito da un articolo su Livorno scritto da Coccioli per una pubblicazione a fascicoli dei primi anni Ottanta sui paesi e le città della Toscana. Ero poco più che un ragazzino. Mentre le altre città venivano presentate dai vari illustri scrittori tutte allo stesso modo, Livorno venne raffigurata, in quella prefazione, in modo straordinario, anticonformista. Non lo conoscevo. Mi misi dunque in testa di contattarlo e scrissi perfino all’Ambasciata messicana di Genova, ma poi desistei. Finché a metà anni Novanta seppi che aveva preso casa a Livorno. Lo cercai sull’elenco telefonico e lo chiamai”, ha esordito Ceccarini. “Nacque con lui un confronto intellettuale intenso, per me culturalmente stimolante, che si sviluppò nonostante le differenze di età, orientamento e convinzioni. Posso testimoniare che già lui aveva in animo di cedere il suo fondo privato alla biblioteca Labronica”. E ancora: “In privato era un uomo semplice, leale e generoso. Una curiosità? Mangiava poco e mi raccontava delle incredibili osservazioni delle negozianti di Livorno quando, ad esempio, acquistava poco gorgonzola od altro. Il suo figlio adottivo, Xavier, preparava piatti squisiti come ad esempio la carne al cioccolato. Ricordo di averlo accompagnato all’aeroporto di Pisa quando decise, pur amaramente, di lasciare definitivamente l’Italia. Gli dispiaceva. Prima di andarsene mi ha regalato gran parte dei libri che aveva nella sua casa di via delle Ancore e diversi oggetti di artigianato messicano”.

Ceccarini, infine, ha concluso con un curioso ricordo: “Era l’epoca dei Mondiali di calcio negli Stati Uniti. L’Italia doveva affrontare il Messico e qualche giornale, forse messicano o forse italiano, gli chiese un articolo per presentare a suo modo la partita, chiedendogli anche una traccia per il titolo. Così lui, che non seguiva il calcio, mi lesse l’articolo prima di inviarlo, chiedendomi un parere. Io commentai che se l’Italia non prendeva il Messico, il Messico avrebbe preso l’Italia. E parafrasando Jannacci, aggiunsi che sarebbero state nuvole. Lui allora mi guardò e disse, o Messico o nuvole. E l’articolo, in effetti, uscì proprio con quel titolo, o Messico o nuvole!”.