Santa Giulia, un ponte per rafforzare i rapporti fra Toscana e Corsica
26 Aprile 2019
(Marco Ceccarini) Livorno, 26 aprile 2019 – Rafforzare i rapporti tra la Corsica e la Toscana attraverso la conoscenza di Santa Giulia, patrona di Livorno e della Corsica.
L’associazione Il Cammino di Santa Giulia assieme alla Confraternita corsa di Sant’Antone Abbate, l’associazione Italia Langobardorum, l’associazione Longobardia e l’associazione culturale Calamo, con il patrocinio dei Comuni di Bientina, Buti, Calci e Vicopisano, tutti in provincia di Pisa ma non distanti da Livorno, organizzano l’evento “Santa Giulia dalla Corsica alla Toscana, il cammino e il progetto, un ponte tra storia, cultura e spiritualità”.
L’obiettivo dell’iniziativa, in calendario da domani, sabato 27 aprile, fino a lunedì 29, è rafforzare i legami tra la Corsica e la Toscana attraverso il culto di Santa Giulia. La santa, cartaginese di nascita, martire a Nonza, è patrona dell’isola di Corsica e della città di Livorno. Viene celebrata il 22 maggio.
Per volontà del re longobardo Desiderio e di sua moglie Ansa, nell’anno 762 dopo Cristo, le spoglie di Giulia, furono traslate dall’isola di Gorgona, passando per Livorno, fino a Brescia, dove ad eccezione di qualche resto, conservato sia a Nonza che a Livorno, sono oggi tenute. Sia a Nonza che a Brescia, come a Livorno, i resti sono conservati in chiese a lei dedicate.
Giulia è una martire cristiana, venerata come santa dalla Chiesa cattolica che l’ha dichiarata patrona della Corsica e di Livorno. Poco si sa della sua storia. Le poche informazioni provengono da una “passio” del VII secolo, cioè scritta secoli dopo la sua morte ed intrecciata di miti e leggende, secondo cui Giulia apparteneva ad una nobile e aristocratica famiglia romana, la gens Iulia.
Secondo questa “passio”, Giulia era una ricca e nobile donna di Cartagine che, divenuta schiava ad opera dei Romani, venne acquistata da un mercante siriano di nome Eusebio, che le fece girare il mondo insieme a lui. In uno di questi viaggi, la nave di Eusebio naufragò sulle coste della Corsica, dove regnava un infido governatore di nome Felice. I naufraghi, disperati, fecero sacrifici agli dei in onore di Felice per salvarsi, mentre Giulia si rifiutò. Il governatore, seccato, tentò più volte di convincerla, ma alla fine, ricevendo l’ennesima risposta negativa, ordinò che le venissero strappati i capelli, che fosse flagellata ed infine crocifissa come il Dio che ella amava. La notte precedente il suo martirio, tuttavia, secondo questa “passio”, alcuni monaci di Gorgona, in sogno, vennero informati di quello che sarebbe accaduto a Giulia la mattina seguente e perciò si affrettarono, al risveglio, a raggiungere il luogo del martirio con le loro barche. Giunti a poche centinaia di metri dalla costa della Corsica, avvistarono la croce a cui Giulia era inchiodata alle mani e ai piedi e videro che, fissata alla croce, vi era una carta con la storia del martirio e il suo nome, Giulia. Questa carta, a detta di tali monaci, era stata scritta da “mani angeliche”. Il corpo venne quindi trasportato nell’isola di Gorgona e lì cosparso di oli aromatici, ripulito e deposto in un sarcofago. Da qui, per volontà del re longobardo Desiderio, venne infine condotto prima a Livorno e poi a Brescia.
Vi è in ogni caso un’altra storia attorno alla figura di Giulia, tesa comunque a celebrarla come martire cristiana e cattolica.
Secondo un’antica tradizione corsa, infatti, Giulia era nata a Nonza, nella Corsica settentrionale, nel III secolo. In quegli anni, feroci erano state le persecuzioni contro i cristiani, e l’ormai decadente Impero di Roma, nel tentativo di risollevare le vecchie divinità pagane, organizzò grandiose feste alle quali fu invitata tutta la popolazione corsa. Alle donne fu chiesto di onorare il Pantheon latino. Ma Giulia, quando le venne ordinato d’inchinarsi di fronte alla statua di Giove, si rifiutò ed andò ad inginocchiarsi ed a pregare davanti a una chiesa. Questo fece infuriare i presenti, che le imposero di rinnegare la sua fede cristiana. Al suo netto rifiuto, la condannarono al supplizio della croce. Ma, vedendo la calma e la serenità della giovane donna, le strapparono i seni e li gettarono davanti ad un masso. Dopodiché la crocifissero. Ai piedi della pietra lo stesso giorno cominciò a sgorgare una sorgente calda. In quel luogo sarebbe stata in seguito costruita la chiesa di Nonza a Capo Corso. Successivamente il corpo, anche secondo questa narrazione, venne trasportato in Gorgona e da lì, per volontà della moglie del re longobardo Desiderio, venne condotto a Livorno ed infine a Brescia.
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