Vicenda Aferpi, il ministro Calenda chiude il contratto. Piombino guarda al futuro
21 Novembre 2017
(Massimo Masiero) Piombino, 21 novembre. Dalla separazione consensuale al divorzio il passo è stato breve tra il ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda e il presidente di Cevital Issad Rebrab. Dopo tre anni di trattative, di stop and go, di attese e rinvii, ieri a Roma, alla presenza di testimoni (la viceministro Teresa Bellanova, l’amministratore delegato Aferpi Said Benikene e il commissario del governo Piero Nardi) si è giunti alla rottura definitiva. Il piano industriale per il rilancio delle acciaierie ex-Lucchini di Piombino proposto dall’imprenditore algerino non è stato sufficiente a convincere il ministro italiano, che ha detto, ora basta, perché “nessun progresso è stato fattivamente compiuto su tutti i fronti individuati”. Pertanto per il complesso siderurgico è iniziato il percorso di ritorno per riportarlo sotto il controllo del Governo. Calenda, dopo un ultimo faccia a faccia con Rebrab, si è alzato dal tavolo della trattativa nel salone del ministero, ed è andato a dirlo ai lavoratori e ai sindacalisti metalmeccanici, portavoce di duemila disoccupati, che erano in strada, in attesa di notizie fresche sul loro futuro. “Finalmente!”. Il commento spontaneo di tutti, ormai non più disposti a tollerare la “mancanza di rispetto” che i vertici Cevital-Aferpi “hanno avuto nei confronti di un territorio che li ha accolti dignitosamente tre anni fa”, come è scritto nella lettera dei sindacati consegnata a mano al ministro stesso. Un laconico comunicato del Mise ha posto fine alla vicenda, che si è protratta per due anni: “Avendo verificato nel corso dell’incontro che nessun progresso è stato fattivamente compiuto su tutti i fronti individuati dall’addendum, il ministro Calenda ha invitato l’Amministrazione straordinaria (commissario Paolo Nardi) a dare avvìo alle procedure legali per la risoluzione del contratto Aferpi-Cevital”.
Le difficoltà di mantenere gli impegni assunti da parte del ceo algerino, presidente di una holding con diciottomila dipendenti, sarebbero state motivate, tra l’altro, dal non aver potuto esportare capitali dal proprio paese per vincoli del governo. Come si comporterà Rebrab è la domanda che affiora negli ambienti interessati alla vicenda, giunta comunque ad una chiarificazione decisiva dopo i troppi tempi lunghi di attesa improduttiva. E si potrà guardare oltre per eventuali nuovi acquirenti già interessati al futuro del polo siderurgico piombinese.
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