Vai a…

Costa Ovestsu Google+Costa Ovest on YouTubeCosta Ovest on LinkedInCosta Ovest on TumblrRSS Feed

15 Settembre 2024

Antonio Cristiano (foto fornita da Tonia Llantes)

Antonio Cristiano (foto fornita da Tonia Llantes)

Antonio Cristiano ricorda Giovanni March: “Per me è stato il Maestro”


(Tonia Llantes) Livorno, 25 agosto 2024 – Incuranti della calura del primo pomeriggio agostano, a braccetto lungo Scali del Refugio, a piccoli passi, con Antonio Cristiano ci dirigiamo agli ex Bottini dell’Olio, oggi sede del Museo della Città di Livorno, che ospita la mostra “Omaggio al silenzio, Nature morte”, in cui sono esposte opere custodite nei depositi dei musei civici. Inaugurata durante l’ultimo “Effetto Venezia” rimarrà aperta fino al 1° settembre 2024, ad ingresso gratuito.

Un camminata costellata d’incontri con la gente del quartiere che lo fermano, lo abbracciano e l’affetto che gli dimostrano lo commuove. Antonio Cristiano – classe 1942, nato a Taranto, ma a Livorno dall’età di 2 anni – è conosciutissimo in città, e fuori dai nostri confini: : pittore autodidatta, cantante, attore di vernacolo e di cinema, regista, insomma un personaggio a tutto tondo come ne rimangono pochi in città. Di professione netturbino, come il padre, è per noi un’artista, semplicemente.

“Peccato, le opere sono poco illuminate”, esordisce subito all’ingresso della mostra la nostra guida, “una luce troppo soffusa non rende giustizia ai colori”.

La visione delle opere esposte è breve, e sempre a braccetto, perché si è dimenticato il bastone da passeggio ormai per lui indispensabile. Si sofferma con attenzione davanti ai quadri di Carlo Carrà, Piero Mario Monteverdi e Rossana Parenti, sua grande amica e della quale non sapeva che se n’era andata nel 2020. Un dispiacere inevitabile. Ma è davanti all’opera “Natura morta con violino” di Giovanni March che il nostro pittore si sofferma a lungo.

“L’ho conosciuto molto bene, sai. L’ho sempre chiamato Maestro anche se lui non voleva che lo chiamassi cosi. Avevo per lui un’ammirazione sconfinata. Un uomo di poche parole, era il suo sguardo che parlava per lui. Ormai anziano, girava con il bastone ed il cappello di tela bianco e quando si presentava alle mostre di altri pittori e, soprattutto, al Premio Rotonda, emanava un carisma che tutti riconoscevano e rispettavano. Non amava esprimere giudizi sui pittori e non si lodava mai. Sapeva ascoltare gli altri. In fondo era un uomo solitario e schivo. Capivi il suo interesse per un’opera dal tempo che impiegava ad osservarla: congiungeva le mani sul suo bastone e rimaneva immobile a contemplarlo. Gli ero sinceramente affezionato e grato, perché ero uno dei pochi o forse l’unico a cui permetteva di guardarlo lavorare nel suo studio all’Ardenza, perché sapeva che ero un’autodidatta e capiva il mio profondo desiderio di nutrirmi della sua arte pittorica e, soprattutto, non lo importunavo con inutili commenti o domande. Aspettavo che fosse lui a aprire bocca”.

Gli domando come ha conosciuto Giovanni March.

“Si presentò ad una delle mie prime mostre alla Galleria Goldoni, da solo. Il cuore mi batteva all’impazzata. Alla fine del giro, nel salutarmi mi disse: continua cosi’ forse hai trovato la tua strada. Con la folta barba, il cappello di tela bianco ed il bastone, molti mi dicono che ricordo il grande Maestro. Per me è un onore. A Livorno ci conoscevamo tutti e March era tra i piu’ affermati pittori che frequentavano il Cenacolo di Valle Benedetta, fondato dal Piero Monteverde nel 1971 e che ospitava in casa sua. Io ho avuto la fortuna di farne parte fino allo scoppio del Covid19. Il figlio Umberto ha voluto, infatti, continuare gli appuntamenti conviviali del Cenacolo anche dopo la morte del padre”.

Nel 2021 dovevano festeggiare il cinquantesimo del Cenacolo di Valle Benedetta, ma il virus l’ha impedito.
Luciano Bonetti, giornalista livornese, amico fraterno di Piero Monteverde e socio del Cenacolo, così descrive il famoso consesso labronico: la domenica si ritrovavano musicisti, giornalisti, professionisti, pittori: Renato Natali, Voltolino Fontani, Giovanni March…un gruppo aperto a tutti, né regolamento né gerarchie né quote da pagare, un fatto più unico che raro… nessuno si accorgeva che Piero Monteverde era proprietario della villetta che ci ospitava.

Tags: