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25 Novembre 2024

Carlo Pepi aveva ragione: falsi i quadri di Modì esposti a Genova


Livorno, 9 gennaio. Aveva visto giusto Carlo Pepi, collezionista, residente a Crespina, dove ha realizzato con le sue opere una casa-museo, personaggio noto nell’ambiente per le sue qualità di esperto e la vis polemica, che aveva messo in dubbio l’autenticità delle opere di Modì esposte a Genova da marzo a luglio 2017. (nella foto, Carlo Pepi) Fu lui che successivamente presentò l’esposto che produsse l’intervento della magistratura, il sequestro delle opere e la successiva chiusura anticipata della mostra. Infatti sono stati giudicati falsi i quadri di Modigliani esposti a Palazzo Ducale. Soltanto uno dei disegni è considerato autentico. Sarebbe questo il contenuto della perizia di Isabella Quattrocchi, depositata in Tribunale, che ha fatto scattare i provvedimenti del magistrato. Tre gli indagati, tra cui il curatore della rassegna, Rudy Chiappini. La Fondazione Palazzo Ducale ha dichiarato di considerarsi parte lesa nella vicenda e che deciderà quali saranno le vie legali d’intraprendere. I quadri sarebbero falsi nel tratto e nei pigmenti, secondo il perito, e anche le cornici provenienti dall’Est europeo e dagli Stati Uniti. Carlo Pepi, classe 1937, laurea in economia e commercio all’ateneo pisano, poi lasciata in un cassetto, originario della Sardegna, vissuto in Toscana, si è dedicato sin da giovane alla sua passione preferita: la raccolta e la collezione di quadri, lo studio dell’arte, in particolare dei macchiaioli, ma essenzialmente di Modigliani, di cui è considerato uno dei maggiori esperti d’Italia. La sua storia è fatta di episodi finiti nelle pagine dei giornali, uno su tutti, la burla di Modì. E’stato proprio il primo a non credere che le due teste attribuite a Modì, trovate nel Fosso Reale nel luglio del 1984 fossero dell’artista livornese, sfidando, e poi avendo ragione, il parere dei più grandi esperti di quei tempi da Carlo Giulio Argan a Cesare Brandi, per citare i primi a convalidare l’autenticità delle opere ritrovate. Tutto si tramutò, come si ricorderà, in quella che fu definita la beffa della seconda metà del secolo scorso. Le teste furono scolpite dal Black-Decker di tre studenti livornesi, che le gettarono notte tempo nei fossi. E dopo nacque la burla.