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26 Novembre 2024

I nuovi sobborghi e l’utilizzo di Piazza XX Settembre


(Riccardo Ciorli) Livorno – 6 aprile. Livorno con l’abolizione nel 1780 dei vincoli militari che vietavano ogni tipo di edificazione nella zona posta oltre le mura, si trova a dover affrontare una vera e propria esplosione di costruzioni atte a realizzare i nuovi sobborghi . In pochi decenni la città è circondata da una nuova fascia di edifici, creati laddove fino ad allora si trovava un ambiente agricolo, spesso incolto quando non addirittura boschivo. L’iniziativa si deve all’emergente ceto borghese ed alla sua necessità di crearsi un ambiente architettonico in contrapposizione a quello esistente appartenente al vecchio ceto mercantile. Il concatenamento dei fatti che hanno dato origine a questo episodio urbanistico e sociale si ricostruisce dallo studio della documentazione, che si trova nell’Archivio di Stato di Livorno; si tratta di una serie di documenti compresi tra il periodo francese e la restaurazione che consentono di mettere in luce la nascita e lo sviluppo della città prima e dopo la grande espansione ottocentesca.
In questo periodo Livorno ha l’interesse di trovare forme alternative all’attività di deposito e s’insediano nel territorio diversi impianti manifatturieri e industriali la cui presenza è oggi motivo di studio per i riflessi esogeni dovuti alla recente trasformazione delle aree industriali. Un argomento questo, a cui gli Archivi di Stato e gli archivi storici degli enti pubblici hanno sempre risposto imponendo rigide limitazioni e controversi comportamenti, per garantire la protezione dei cosiddetti dati sensibili.
Con l’approvazione del nuovo sistema legislativo in campo di Beni culturali si ha oggi la possibilità di poter accedere anche alla documentazione più recente vivificando il contenuto degli archivi. Nel corso degli anni si è venuto a modificare il tradizionale concetto elitario di “cultura” e quello che era qualcosa di riservato a pochi sta divenendo strumento di conoscenza per un pubblico il più possibile vasto ed eterogeneo. Questo ha portato gli archivi ad applicare una nuova politica di valorizzazione allargando la tipologia dell’utenza ben di là da quella specialistica, identificata con lo storico di professione. Spesso in passato ci siamo dimenticati ( ed in alcuni Istituti si fa ancora fatica a comprenderlo) che i Beni culturali, quelli che un Archivio conserva, è un patrimonio della collettività e costituisce l’identità, la storia e la memoria del nostro Paese. Per questa ragione l’articolo 9 della Costituzione Italiana stabilisce che quest’enorme tesoro deve essere tutelato ma anche adeguatamente valorizzato così da migliorarne la conoscenza e il godimento. Non deve meravigliare che il legislatore parli di godimento del patrimonio culturale in un periodo così parco di aggettivi in quanto fin da allora si era compreso quanto fosse il piacere di conoscere, in un’Italia semianalfabeta, la storia della nostra civiltà. Questo rappresenta un’eccezionale consapevolezza dell’esigenza di trovare il progresso non solo nella soddisfazione economica ma anche nel piacere del sapere.
A quest’opera di rivisitazione delle necessità dell’utenza partecipa anche l’Archivio di Stato di Livorno che nell’ultimo decennio accogliendo il desiderio di molti studiosi ha incentivato il deposito di materiale documentario riguardante, il periodo storico degli anni post-bellici. Questa attività ha messo alla luce brani della storia recente dando la possibilità a studenti e ricercatori di poter consultare in modo diacronico documenti considerati per anni secretati, un tipo di documentazione utile ad interagire con la cronaca locale in modo da fornire una seria testimonianza laddove questa non sia altro che un fatuo soggetto d’intrattenimento. Con il nostro materiale e la maturata scientificità del personale, l’Archivio di Stato di Livorno si è più volte proposto sul territorio per la realizzazione di mostre e convegni la cui natura non sempre è legata ai periodi più antichi ma piuttosto rivolta verso un’analisi sinottica dei fatti che hanno creato la civiltà d’oggi.
Più che soddisfatti da quanto prodotto fino a oggi sulla storia del quartiere della Venezia Nuova ritengo sia giunto il momento di studiare lo sviluppo della città nell’area degli ex spalti laddove era redditizia la produzione di una economia diversa da quella strettamente mercantile della città murata. Nella fascia degli spalti compresi tra Via Provinciale Pisana fino alla costa meridionale di Livorno. laddove dove oggi si trova la terrazza Mascagni si sono sviluppate nel tempo attività “alternative” a quelle dell’immagazzinamento delle merci e non sono poche le piccole e medie manifatture per la fabbricazione di cordami, vele, gallette e saponi
Attività che non pagavano dazio fino al 1781 quando con l’adeguamento dell’imposta venmgono alla luce in un solo anno, il 1781, oltre 400 autodenuncie a sanatoria di quanto evidente stava accadendo nelle terre dei sobborghi.
Livorno città guascona aveva un centro cittadino, ancora chiuso dalla cinta muraria popolato da mercanti e bottegai e un’area in veloce espansione dove nascevano come funghi piccole e medie manifatture, un vero e proprio mondo a cavallo tra il baratto e la produzione, un luogo ideale dove mettere e far crescere un luogo simbolo di Livorno, il mercatino di Piazza XX Settembre.
Per decenni il “mercatino americano” di Piazza XX Settembre a Livorno ha rappresentato un luogo dove attratti dal fascino dell’ingenua trasgressione, quasi tutti noi eravamo soliti frequentarlo per poi vantarci di aver trovato qualche cosa d’insolito, di originale.
Oggi con il trasferimento del mercatino vicino alle attrezzature turistiche ricettive del porto, la città gira pagina giocandosi la possibilità di un rilancio turistico commerciale il cui disegno è avviato a definirsi (Nell’immagine di Andrea Dani Piazza XX Settembre a fine 1800)
Ora rimane l’incognita se questa sia stata o meno una scelta felice, quello a cui invece occorre dare un contributo sostanziale è evitare che lo spazio pubblico così acquisto cada nell’abbandono. La piazza XX settembre mi sembra sia uno spazio pubblico in cerca di un’identità e quindi necessita di un rilancio che torni a valorizzare i suoi contenuti originari quelli di esser appunto una piazza. Vale per questo il senso di trovare per lei una posizione tra spazi verdi di Livorno, piantumare nuove culture arboree e dare all’insieme la caratteristica che aveva un tempo, quello di essere il polmone verde del Borgo Reale. Sposando la possibilità che la piazza conservi il nome di uno dei momenti culminanti della sua Unità, questo mal si concilia con la presenza di una statua eretta per celebrare un granduca straniero. La soluzione potrebbe quindi essere quella di levare la statua e sostituirla con una fontana sorretta da un basamento dove attraverso delle formelle sia esplicato alla cittadinanza la vita della piazza, mercatino americano compreso. Per quanto riguarda la statua. Potrebbe essere collocata nel “parco dei marmi” in villa Fabbricotti dove con l’occasione si potrebbe avviare un progetto di recupero dei monumenti già estinti prefigurando un percorso culturale e turistico tra memoria e immagine. riccardo.ciorli@live.it
Riccardo Ciorli è storico urbanista