Le cose perdute del football, il libro di Calzaretta è un viaggio nel tempo e nella memoria
10 Ottobre 2021
(Andrea Masiero) Livorno, 10 ottobre 2021 – Questo è un libro che ogni appassionato di calcio dovrebbe leggere. Soprattutto se ha superato gli anta ed ancora ripensa con nostalgia al calcio di una volta. Ma è un libro che potrebbe interessare anche un lettore più giovane per farsi un’idea di cos’era il calcio prima dell’avvento della pay-tv e delle partite spalmate su tutto l’arco della settimana. Attraverso una serie di racconti l’autore trova il pretesto per parlare delle “cose perdute” del calcio, cose come le maglie tutte nere dei portieri, delle nazionali dell’Europa dell’Est, di 90° Minuto e delle trasmissioni sportive di una volta, dei calzettoni senza piede, delle marcature a uomo, del pallone bianco e nero, e di molto altro ancora. Racconti di fatti grandi o piccoli che hanno contribuito a farci amare quello che senza ombra di dubbio è Il Gioco Più Bello Del Mondo. Leggendo le pagine di questo volume si sorride, ci si incuriosisce, si scoprono cose che non si conoscevano, e talvolta ci si commuove nel sentirsi raccontare aneddoti e sensazioni che chi scrive ha provato e vissuto in un modo molto simile se non uguale a quello di colui che le legge. Nostalgia. Ma di quella buona. Che ti addolcisce l’esistenza. L’autore espone la narrazione con un notevole gusto per l’ironia così da rendere ancora più accattivante la lettura riuscendo spesso a strappare al lettore una risata e talvolta sfiora la poesia quando paragona i lineamenti spigolosi di Giorgio Chiellini al “meraviglioso lungomare livornese del Romito”. Insomma un libro che merita di esser letto perché fa capire molto bene che quando si parla di calcio non si parla solo di partite, di giocatori, di schemi o di risultati ma si parla invece di un fenomeno sociale che investe la sfera delle emozioni soggettive e collettive delle persone, non si tratta affatto di ventidue giovanotti in mutande che rincorrono e prendono a calci una palla. Il calcio è lo sport, anzi il gioco, più praticato al mondo perché si può giocare ovunque, su un campetto spelacchiato di periferia, per strada, in cortile, con qualsiasi tempo e in quanti giocatori possibile, servono solo due punti di riferimento per la porta e qualcosa che rotoli alla meglio come pallone, le partite possono durare pochi minuti come tutto un pomeriggio oppure finire con il classico “chi segna questo ha vinto!”. Possono essere giocate davanti a migliaia di spettatori oppure senza un cane che guardi. Indossando divise professionali con tanto di scarpini all’ultimo grido o vestiti di stracci e a piedi nudi. Questa è la forza e la poesia di questo sport. Uno sport, un gioco, così tanto amato che mi sento di fare mia la frase che Fabio Caressa, telecronista principe di Sky, ha esclamato quando l’Italia ha vinto gli ultimi Europei. “Grazie Signore che ci hai dato il calcio!”
Nicola Calzaretta è nato nel 1969, lucano di nascita ma toscano di adozione vive a Cecina. Collabora col Guerin Sportivo dal 2002 scrivendo le rubriche C’era una svolta e Amarcord. Ha lavorato a diverse produzioni seriali in dvd e ha pubblicato una decina di libri sul calcio come Secondo me. Una carriera in dodicesimo, Alla ricerca del calcio perduto, Boniperti scritto insieme a Italo Cucci, decano dei giornalisti sportivi italiani e storico direttore del Guerin Sportivo negli anni ottanta quando la rivista era al suo massimo fulgore, col quale ha pubblicato pure La favola della Juventus e Giorgio Chiellini. Il Guerriero della Juventus con le splendide foto di Salvatore Giglio.
Abbiamo incontrato Nicola Calzaretta e abbiamo scambiato quattro chiacchiere sulla sua ultima fatica letteraria.
Come ti è venuta l’idea di scrivere questo libro? Nella mia ventennale collaborazione col Guerin Sportivo grazie al direttore Andrea Loi e sotto la supervisione di Matteo Marani mi sono sempre occupato di rubriche di carattere storico e di conseguenza ho cominciato a pensare di farne un libro. Non volevo però che fosse un’opera di nostalgia lagnante e asfissiante ma che ne venisse fuori qualcosa che potesse anche essere apprezzato dai lettori più giovani, non soltanto da quelli della nostra età.
Qual è di tutte queste storie quella che più ti ha divertito scrivere? Sicuramente la prima, quella sulla maglia nera dei portieri, in cui la parte in cui racconto dello scambio di missive tra Zoff e Jongbloed è chiaramente inventata, mi serviva però un espediente narrativo per approcciare l’argomento e mi piaceva unire questi due mondi allora agli antipodi, quello rigoroso appartenente al calcio tradizionale di Dino Zoff e quello invece innovativo e bohemienne del portiere dell’Olanda che arrivò seconda ai Mondiale del 1974.
E quella invece che ti ha più emozionato? L’emozione l’ho provata raccontando tutti quanti gli episodi naturalmente, ma l’emozione vera sta in una frase soprattutto. “Parata di Zoff”. Praticamente l’ultima dell’ultimo capitolo. Ho detto all’editore che il libro avrebbe dovuto concludersi così perché quella frase mi riportava a quando da piccolo ascoltavo Nando Martellini che nella telecronaca asseriva “Parata di Zoff” a chiusura di un’azione. Un punto fermo. Voglio dire, da lì si ricomincia. E’ tutto a posto. Adesso possiamo ripartire.
Il Guerin Sportivo è stata la mia Bibbia calcistica da ragazzino. Leggendo il tuo libro ho ritrovato la stessa emozione che all’epoca provavo sfogliando il Guerino. Mi fa molto piacere che tu mi dica questo. Per la prima volta ho voluto inserire un paio di citazioni all’inizio di un mio libro (una del cantautore Rino Gaetano e l’altra tratta da un romanzo di Marco Vichi) poiché ogni volta che mi ritrovo a pensare a certe cose ho la sensazione di essere una mosca bianca poi però mi capita di parlare con persone come te e allora mi rendo conto che siamo in diversi a provare questo tipo di sensazioni, ad avere questo scambio emozionale che si basa su ricordi e atmosfere condivise. E quando si parla di questo tipo di atmosfere molto spesso dietro ritrovo il background culturale che ci ha dato la lettura del Guerin Sportivo.
Stai lavorando a qualche altro libro al momento? Idee ne ho tante ma di concreto per adesso non c’è niente. L’idea per questo mio ultimo lavoro, ad esempio, l’avevo in testa da un po’ di anni ma poi si è concretizzata molto velocemente dopo uno scambio di mail con Amedeo Bartolini, l’editore di NFC, avvenuto poco dopo la scorsa Pasqua e ho consegnato tutto quanto il 14 luglio scorso perché fosse pronto per l’uscita in libreria ad agosto. E l’editore è rimasto talmente entusiasta che mi ha proposto immediatamente una seconda edizione. Al momento però non ne sono del tutto convinto. Poi chissà.
Siamo giunti al termine dell’intervista, mi rimane da farti solo un’ultima domanda. Hai poi saputo perché i calzettoni erano senza piede? No ancora no. Rimarrà tutto quanto circonfuso in un’aura di mistero!
E ci facciamo una gran risata.
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