Ripensando a Effetto Venezia. Emanuele Barresi e le sue stanze
2 Agosto 2017
(Donatella Nesti) Livorno, 2 agosto. E’ finita da pochi giorni la manifestazione Effetto Venezia 2017 ma già si pensa all’anno prossimo:come migliorarla,come coinvolgere gli imprenditori livornesi per far arrivare nella nostra città i big dello spettacolo. Bisogna riconoscere che durante la festa ci sono state serate importanti ed anche vere e proprie ‘chicche’ come quelle ideate da Le stanze livornesi uno spettacolo ideato da Emanuele Barresi(nella foto), che, grazie a piccoli atti unici dei bravi attori (Emanuele Barresi,Fabrizio Brandi,Claudio Monteleone, Stefano Santomauro) hanno offerto, nella Cannoniera della Fortezza Vecchia, pillole di livornesità poco conosciute.
Tra queste un personaggio mi ha interessato anche perché il mio papà, classe 1900, quando una di noi non riusciva ad aprire una porta esclamava “sei proprio come il Papini…! ”. Ma chi era Natale Papini eroe misconosciuto della prima guerra mondiale? Natale Papini (1881-1967), fabbro dalla mano fatata e dai nervi d’acciaio, mago d’ogni sorta di chiavi, serrature e casseforti: quel temerario che, nel dicembre del ‘16, fu incaricato da alti funzionari del governo di partecipare a un blitz notturno nel consolato austriaco di Zurigo. Una missione pericolosissima e di smisurata utilità per il nostro controspionaggio, che avrebbe dato un energico giro di vite al quadro bellico italiano nel contesto del conflitto del ‘15-’18. Era nel carcere «Domenicani» in attesa del processo e, dopo essere uscito di prigione, fu contattato dall’«intelligence» dell’epoca. Il funzionario di polizia che lo aveva fatto arrestare, infatti, era divenuto nel frattempo questore di Milano ed eminenza grigia dei servizi segreti. Le cui teste di serie, date le pesanti perdite che la flotta navale militare italiana stava subendo in guerra per via dei reiterati sabotaggi ed attentati orchestrati dalle spie austro-tedesche, avevano ideato un piano audacissimo.
Vale a dire introdurre un proprio 007 nel consolato austriaco di Zurigo, dove era impiegato l’avvocato Livio Bini, abile doppiogiochista che aveva confidato alle autorità italiane che, in una cassaforte dell’edificio, erano custoditi dei documenti con i nomi delle spie e dei collaborazionisti dell’asse nemico. L’infiltrato, oltre a possedere un’abilità tecnica eccezionale nell’aprire le casse blindate, avrebbe dovuto avere sangue freddo da vendere e, soprattutto, se si fosse fatto scoprire, il coraggio adamantino di tenere la lingua a freno. Tanto, vista la brutta parata, il governo italiano avrebbe comunque negato qualsiasi coinvolgimento, al fine di mantenere i consueti buoni rapporti con la neutrale Svizzera. Chi scegliere quindi? Natale Papini, l’asso nella manica. Nella notte tra il 25 e il 26 febbraio del 1917, un commando di 6 elementi coordinato dal tenente di vascello Pompeo Aloisi (oltre a Papini, il fabbro triestino Remigio Bronzin, l’avvocato Livio Bini e gli ufficiali della marina Tanzini, Bonnes e Cappelletti) scivolò nell’ambasciata attraverso l’oscurità e il silenzio e, nonostante le 7 ore che ci vollero per espugnare il caveau, tutto filò liscio come l’olio. Alla fine, i nomi degli agenti segreti del nemico furono finalmente noti ai papaveri del controspionaggio di casa nostra. Ma come ha ricordato Barresi nei panni di Papini, a Natale Papini non fu concessa alcuna onorificenza ufficiale. E neppure le ricchezze contenute nella cassaforte. Certo, ebbe 32mila lire di ricompensa. Ma per il suo atto eroico e patriottico, che ha di sicuro del leggendario, non ebbe davvero un compenso adeguato. Qualcuno ha insinuato che fosse addirittura un ladro, uno scassinatore di mestiere: ma è risaputo quanto la gente ami romanzare la realtà. Per questo motivo Claudio De Simoni, presidente dell’associazione culturale «La Livornina» – sodalizio che si occupa con fare certosino di passare al setaccio la storia labronica ha lanciato un appello accorato alle istituzioni: e cioè dedicare una strada della città a Natale Papini, uno dei personaggi che non solo hanno fatto la storia di Livorno, ma dell’Italia intera. Nel 1951 sull’episodio fu girato anche un film dal titolo Senza bandiera regia di De Felice con Massimo Serato, Vivi Gioi, Umberto Spadaro. donatellanesti@libero.it
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