Si-No, Europa e riforme
2 Dicembre 2016
(Ruggero Morelli) – In questi giorni lo scontro si acuisce tra chi sostiene che è l’Europa che ci chiede le riforme. Con conseguenze da un lato negative per l’economia se non passano le riforme, per chi sostiene il Si; e dall’altro si evocano complotti europei e pressioni da parte di poteri forti per indebolire a nostra democrazia.
Sarà al contrario una scelta tutta nostra ed ancora poco conosciuta nelle previsioni incerte.
L’esito avrà comunque un impatto sulla posizione dell’Italia in Europa.
Dopo le recenti vicende nei rapporti con la UE è logico pensare che un esito negativo della proposta di riforma inciderà sulla nostra credibilità ed anche sulle valutazioni in corso.
Penso soprattutto all’obbiettivo di assicurare una maggiore governabilità ed una stabilità della maggioranza – obbiettivo di cui , come ci ha ben ricordato Bruno Manfellotto al Centro Don Nesi un mese fa, si discute da molti anni nelle varie bicamerali senza aver ottenuto risultati.
Infatti i dati sono i seguenti: dalla firma del trattato di Maastricht, febbraio 1992, il Regno Unito ha avuto 5 primi ministri, la Spagna 4 presidenti con 8 governi, la Germania 3 cancellieri con 7 governi, l’Italia 10 presidenti con 16 governi. Ed anche un po’ di velocità potrebbe ridurre le procedure d’infrazione per il mancato recepimento delle direttive europee, oggi numerose.
Si deve aggiungere che dai lavori della Costituente emerge chiaro che il Senato fu voluto, nei molti contrasti, per svolgere la funzione di “camera di riflessione” per evitare abusi di potere dell’esecutivo( eravamo in pieno 1947). Oggi che è stato creato il parlamento europeo, per molte materie, quel ruolo di bilanciamento dei poteri lo svolge anche questo organo.
Qualcuno scrive che il bicameralismo camera/senato, orizzontale, trova un altro istituto verticale nei centri di Bruxelles e Strasburgo. L’opinione prevalente è che l’Unione Europea incide sul giudizio della riforma in quanto preferisce governi autorevoli e stabili ed anche procedure legislative capaci di contribuire ai processi decisionali europei sia nella fase di elaborazione che in quella di attuazione.
D’altra parte la Unione costituisce un notevole limite al potere degli Stati. La giurisprudenza sul punto è ormai consolidata. La riforma e coloro che la sostengono mirano e credono alla irreversibilità del processo di integrazione tra i popoli europei.
Un percorso che Massimo Cacciari ha delineato nelle sue recenti lezioni sul “Destino dell’Europa”, solo che gli europei avessero memoria delle loro origini, uniche al mondo per elaborazioni culturali dal 500 avanti Cristo ad oggi. E cessassero le diatribe misere tra gli “staterelli”, che proseguono ancora dopo le due guerre del ventesimo secolo che hanno consegnato ad altri la guida delle sorti del mondo.
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