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12 Dicembre 2024

Le antiche Terme del Corallo (foto tratta da Wikipedia, libera da diritti)

Storia di uno scempio, le Terme del Corallo


(Marco Ceccarini) Livorno, 23 gennaio 2013 – Anche Striscia la Notizia se n’è occupata. Un paio di anni fa le ex Terme del Corallo, dismesse da quasi mezzo secolo, finirono al centro del Tg satirico di Canale 5. Il grande edificio liberty soffocato dal cavalca ferrovia della stazione venne mostrato nella sua antica bellezza, che parla di un passato ormai remoto. E venne fatta vedere, in tivù, la rovina in cui esso versa. Distrutto da un disastroso incendio alla fine degli anni Sessanta, lo stabilimento delle Acque della Salute, conosciuto anche come Terme del Corallo, fu edificato, a partire dal 1903, su progetto dell’ingegnere Angiolo Badaloni, autore anche del Mercato centrale di Livorno, che lo ideò al termine del viale degli Acquedotti, oggi viale Carducci, in una zona allora non ancora urbanizzata. Nelle terre della fattoria del Vigna, non distante dal luogo in cui da lì a poco sarebbe sorta la nuova stazione ferroviaria di Livorno, nel 1854 era stata scoperta una sorgente d’acqua salata capace di lenire le malattie dell’apparato digerente. Nel 1856 alcuni cittadini si erano adoperati affinché quell’acqua fosse commercializzata. E il successo era stato cosi grande, e forse inaspettato, che la zona venne comprata dalla società Acque della Salute per costruirci un vero e proprio stabilimento termale.

Maestose e sopraffine nel loro stile liberty, le Terme del Corallo avevano due padiglioni, un anfiteatro, saloni per concerti, vetrate, affreschi, loggiati, colonne, fontane, scalinate, rilievi lignei, e tutto quanto ancora può rendere unico un complesso del genere, ristoranti e spazi dedicati al passeggio e alla ginnastica. Tutto era raffinato, grandioso, in uno sfarzo che era stato realizzato in appena un anno e mezzo. I] palazzo delle Terme, infatti, fu inaugurato nel luglio 1904. Va da sé che un siffatto complesso dovesse diventare, in breve tempo, uno dei principali poli di attrazione della città dei Quattro mori, all’epoca una delle capitali del turismo balneare. Tanto che Livorno, proprio per quelle terme, fu chiamata Montecatini a Mare. A dare impulso al successo delle terme, per inciso, fu anche la costruzione, a poche decine di metri, della stazione Centrale in sostituzione di quella situata a San Marco. Cinque erano le acque inizialmente distribuite, ovvero Sovrana, Corallo, Corzia, Preziosa e Vittoria, differenziate per proprietà terapeutiche. La distribuzione della Corzia, a dire il vero, venne sospesa dopo un paio d’anni o forse tre. Ma le altre acque furono commercializzate, distribuite e bevute, non solo alle Terme ma anche nelle case private, per molti anni ancora.

Entrambi i padiglioni presentavano maioliche, realizzate dall’artista Emesto Bellandi, inserite a lato delle arcate degli ingressi ai rispettivi edifici. Il corpo centrale, ornato da un grande portico, ospitava nel seminterrato i bagni per il trattamento termale, mentre al piano superiore c’era un grande salone per le feste, affiancato da alcune sale minori dedicate alle attività ricreative e da un ristorante. In mezzo al parco era stato realizzato un edificio sormontato da un bellissimo loggiato stile liberty. Esso era stato progettato dall’ingegner Adriano Unis, collaboratore di Badaloni, che lo pensò per ospitare dei negozi ed attivita varie. Accanto al complesso termale, quasi a completamento dello stesso, fu innalzato il lussuoso hotel Corallo, dotato già all’epoca di ascensori elettrici.

Nel 1913 le Terme furono acquisite dalla famiglia Chayes. Su questo atto di compravendita, in realtà, esiste qualche dubbio. Come fa notare Silvia Menicagli, una delle maggiori conoscitrici della triste vicenda delle Terme del Corallo, pare infatti che i Chayes, in realtà, siano entrati in scena nel 1919, quindi sei anni dopo, e che ci sarebbe un errore di trascrizione negli atti. In ogni caso, con la proprietà dei Chayes, le terme raggiunsero negli anni Venti e Trenta il loro massimo splendore. E’ stato infatti in quegli anni che, al suono di vinili gracchianti, ma soprattutto di orchestre e musicisti dal vivo, la vita alle Terme di Livorno scorreva allietata da musica di operette e fox trot, fin quando quest’ultima fu possibile, melodie tipiche del Belpaese, e feste e pomeriggi fatti di lussi e di spensieratezze, per quei pochi che si potevano permettere una vita così.

Tuttavia, a causa delle persecuzioni razziali, la famiglia Chayes, che era ebrea, fu costretta a vendere lo stabilimento alla Recoaro, che sul finire degli anni Trenta la acquisì attraverso la società Siam. Ma da li a poco, quantomeno a partire dal 1943, la guerra ormai in corso da tempo, con i bombardamenti, impose la chiusura dello stabilimento. Le attivita delle Acque della Salute, dunque, si interruppero. E quando scoppiò la pace, e Livorno torno alla normalità, nulla fu come prima, neppure per le Terme del Corallo.

Con la trasformazione del tessuto economico della città, e la graduale perdita di importanza del turismo nell’economia livornese, anche lo sfruttamento economico di un complesso del genere si trasformò. La vita mondana di un’Italia che era stata spazzata via dalla guerra aveva lasciato il posto a un senso del divertimento diverso, più popolare, collettivo, in sintonia con un Paese che aveva voglia di pari opportunità oltre che di lasciarsi alle spalle gli anni bui del Fascismo. Così, già nell’immediato dopoguerra, i padiglioni dello stabilimento non videro più le attività di un tempo, ma presi in affitto da Oreste Ghinassi furono trasformati in un locale da ballo. Nel frattempo anche la proprietà cambio. La Recoaro aveva venduto alla Stib, una società produttrice di acque minerali, e cosi, per tutti gli anni Cinquanta e Sessanta, mentre l’ex struttura termale veniva utilizzata per il ballo ed i ricevimenti, veniva potenziata l’attività di imbottigliamento. Una parte del complesso, tuttavia, rimaneva inutilizzata.

Ma nel 1968 un disastroso incendio danneggiò gravemente la parte monumentale dell’edificio. Non si è mai saputo, con esattezza, se alla base di tale devastante incendio ci sia stato un atto doloso o un incidente. Sulle cause non é mai stata fatta piena luce. La versione ufficiale parla di un cortocircuito che avrebbe fatto divampare l’incendio. Fatto sta che, dopo quell’evento, lo stabilimento non é mai stato più riaperto.

Solo qualcuno che aveva interesse alle sorgenti d’acqua ma non all’istituto termale avrebbe potuto compare, dopo l’incendio, un complesso così malmesso. E questo, infatti, è quel che accadde. La Coca Cola acquisì tutta l’area. Si era agli inizi degli anni Settanta. La conseguenza fu che l’industria della bevanda più famosa al mondo, non avendo interesse a produrre altre bibite all’infuori delle sue, chiuse la produzione di acqua. E questo nonostante i pozzi non fossero affatto esauriti. Anzi, le acque Preziosa e Corallo, volendo, sgorgherebbero ancora.

La presenza della Coca Cola è coincisa con l’abbrutimento del complesso termale e della sua trasformazione, a causa dello stato di abbandono, in rudere. In più, agli inizi degli anni Ottanta,le terme ebbero il colpo di grazia. Nel 1982, infatti, è stato costruito il cavalca ferrovia che ancora oggi oscura il complesso stile liberty, rendendolo una sorta di relitto del passato, un passato dimenticato che si affaccia sul via vai del presente. Lo scempio é stato compiuto in quegli anni.

A partire dagli anni Novanta, finalmente, iniziarono a prendere corpo le prime ipotesi di recupero. In prima fila, in quegli anni, ci fu l’Asa, l’azienda dei servizi pubblici di Livorno, che cercò prima di coinvolgere direttamente la Coca Cola e poi il gruppo edile Saporito. E proprio in tandem con quest’ultimo l’Asa costituì nel 2001 un’apposita società, la Nuova Corallo, il cui scopo era l’acquisizione dell’immobile dalla Coca Cola per realizzare sia il quartier generale dell’azienda allora pubblica sia un centro congressi con annesse attività legate al benessere della persona.

La Nuova Corallo, controllata in ogni caso dall’Asa, versò anche una caparra, poi persa a favore della Coca Cola, di 385 milioni di lire. Per l’acquisto avrebbe dovuto tirar fuori, in totale, la bella cifra di 7 miliardi e 700 milioni per la vendita, quasi 4 milioni degli attuali euro. Il progetto prevedeva anche la costruzione di alcuni nuovi edifici nell’area attigua allo stabilimento. L’Asa avrebbe dovuto mettere i soldi per acquistare la parte monumentale e il parco al fine di creare un centro convegni, Saporito invece gli ex stabilimenti per farci delle unita abitative. Ma nel 2003, complice anche il riassetto societario e la privatizzazione, l’Asa fece marcia indietro. Così il gruppo Saporito, che era entrato in societa su sollecitazione dell’Asa, acquistò da questa la quota a partecipazione pubblica e prese il controllo integrale della Nuova Corallo.

All’inizio del 2005, però, la Coca Cola vendette agli imprenditori Rodolfo Cagliata e Piero Bottoni che, costituendo per lo scopo la Fondiaria Apparizione, si impegnarono a realizzare il piano particolareggiato di valenza pubblica che prevedeva la trasformazione parziale dell’area con la costruzione di oltre cento appartamenti, in sei condomini, al posto degli ex magazzini situati dietro il complesso. Venne poi stipulato un accordo con il Comune di Livorno che prevedeva la cessione del parco e degli edifici monumentali al Comune e un contributo a questo dalla nuova societa proprietaria, la Fondiaria Apparizione, di circa 300 mila euro per l’intervento di messa in sicurezza e ripristino del parco.

Nonostante fossero proprietari da appena due anni, i due imprenditori, nell’agosto 2007, si trovarono al centro di un’inchiesta che avrebbe rallentato ulteriormente i tempi. La Procura avvio difatti un’azione giudiziaria sullo stato di abbandono di una struttura il cui scempio, in verità, era stato provocato dal tempo e dalla prolungata incuria di cui essa era stata quantomeno a partire dal 1968, il tutto aggravato, sempre nel tempo, dai ripetuti se non ciclici atti vandalici.

L’azione giudiziaria si risolse con la piena assoluzione di Bottoni e Cagliata, sia in primo grado che in appello. In altre parole, risultò chiaro che non erano ne’ potevano essere stati loro ad aggravare la condizione del complesso termale. Ma tutto l’iter processuale ha comportato un’ulteriore perdita di tempo per il recupero del complesso delle Acque della Salute.

Rallentato ma non annullato, il percorso iniziato si é rimesso in moto sul finire del 2009 quando, nel mese di ottobre, le ex Terme sono state acquisite nel patrimonio comunale, primo passaggio per il concretizzarsi del progetto del 2007. Nel 2010, poi, sono stati avviati i lavori per la costruzione delle previste unità abitative sul retro dell’ex complesso termale, che qualche mese fa, nell’autunno 2012, sono state inaugurate al pari della nuova strada dedicata alla magistrato Francesca Morvillo.

Al tempo stesso è iniziata, seppur timidamente, l’opera di recupero del parco. Nella prima metà del 2011, infatti, sono state avviate le prime operazioni per la pulizia e per la messa in sicurezza della zona verde. Il pieno recupero di queste, invece, é stato avviato la scorsa estate, nel caldo mese d’agosto, ed é al momento in corso. La fine dei lavori è prevista per il prossimo mese di marzo. L’intervento sta riguardando la zona retrostante il fabbricato delle terme, dove gran parte degli arredi a verde risultano da restaurare o addirittura da ricostruire.

Una volta recuperato il parco, però, dovrà essere recuperato il grande immobile, oggi oscurato dal cavalca ferrovia, che con il suo bellissimo loggiato stile liberty rende unico il palazzo delle Terme. Su questo punto il confronto è aperto. Il Comune ha preso l’impegno di dare una nuova dignità al bellissimo complesso del Corallo. L’abbattimento del sovrappasso, con la conseguente realizzazione di un sottopassaggio, sarebbe tuttavia il punto di partenza imprescindibile, a nostro parere, per avviare una seria azione di recupero dell’ex complesso termale. E fa piangere il cuore, in questo senso, sapere che un progetto previsto dal piano regolatore cittadino, che prevedeva l’abbattimento del sovrappasso e proprio la realizzazione di un sottopassaggio, é stato abbandonato qualche tempo fa ed i soldi destinati a Porta a Mare.

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